Quando Matematica e Psichedelici convergono

DOCUMENTARI

1 min read

Ci sono momenti nella storia del pensiero in cui prospettive apparentemente inconciliabili si incontrano, rivelando una verità più profonda che nessuna delle due avrebbe potuto cogliere da sola. Questo è uno di quei momenti.

Donald Hoffman, neuroscienziato cognitivo di Stanford, ha dedicato decenni a costruire modelli matematici della percezione. La sua conclusione è radicale: lo spazio-tempo non è la realtà fondamentale, ma un’interfaccia evolutiva — una rappresentazione utile per la sopravvivenza, non una descrizione accurata di ciò che esiste. Come il desktop di un computer nasconde circuiti e codice, la nostra percezione nasconde la natura ultima della realtà.

Terence McKenna, etnobotanico e filosofo visionario, ha esplorato per una vita come le piante psicoattive modificano la coscienza umana. La sua intuizione: queste sostanze non creano illusioni, ma dissolvono temporaneamente i filtri percettivi che ci tengono ancorati a una visione ristretta della realtà. I funghi sacri, l’ayahuasca, il DMT — non droghe, ma “tecnologie ancestrali” per espandere la consapevolezza.

Due linguaggi diversi: equazioni e visioni. Due metodi opposti: rigore matematico ed esplorazione psichedelica. Eppure entrambi dichiarano la stessa verità eretica: la coscienza non emerge dalla materia — è il fondamento da cui la materia emerge.

In questo video-documentario esploro questa convergenza impossibile. Seguimi in un viaggio attraverso la fisica quantistica che ha demolito lo spazio-tempo alla scala di Planck, la neuroscienza che mostra come la psilocibina riconfigura le reti neurali, le tradizioni spirituali antiche che hanno sempre saputo che la realtà ordinaria è un velo sottile.

Non si tratta di “scienza che conferma spiritualità” o viceversa. È qualcosa di più profondo: due percorsi indipendenti che si incontrano nello stesso centro, suggerendo che il paradigma materialista, egemone negli ultimi secoli, ha sbagliato la domanda fondamentale.

Questo video è un invito. Un invito a guardare oltre l’interfaccia, a considerare che ciò che chiamiamo “reale” potrebbe essere solo la superficie di qualcosa di infinitamente più vasto.

Buona visione. E se lungo il percorso si accende una scintilla, una domanda, un’intuizione — condividila. È da quelle tracce che disegniamo le prossime rotte di esplorazione.